Filosofia2022-05-24T16:20:17+02:00

Back to basic è la nostra parola d’ordine.  Enjoy your primitive side il nostro motto.

Vogliamo tornare alle origini, per riscoprire le capacità perdute e vivere in maniera nuova il contemporaneo.

Nella giungla ciascun individuo è messo costantemente alla prova e impara a servirsi al meglio delle proprie abilità. Lealmente e senza pregiudizi, tutto risponde all’equilibrio perfetto della natura.

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DALLA SCIMMIA ALL’UOMO

Viaggio di andata e ritorno

L’albero genealogico della specie umana è molto complesso. Le analisi di sequenze genetiche mostrano che il DNA umano è uguale quasi al 99% a quello di un bonobo e di uno scimpanzeé. I ritrovamenti fossili attestano che nella nostra linea di evoluzione si sono susseguite specie di ominidi che all’origine si erano separate dalle specie di altri primati antropomorfi.

I nostri geni che formano il DNA sono di fatto soggetti a mutazioni casuali che di tanto in tanto modificano tratti importanti quali caratteristiche fisiche o comportamentali. Abbiamo imparato ad effettuare selezioni artificiali facendo accoppiare animali con caratteristiche e tratti ritenuti preferibili ma in natura sappiamo che le mutazioni sono selezioni date prevalentemente dall’ambiente. Nel lungo periodo le mutazioni adattive hanno portato nel genere umano cambiamenti dovuti a condizioni e scelte di vita.

La nostra evoluzione dalla scimmia risale a milioni di anni fa.

Quello che venne chiamato Homo Sapiens poteva fabbricare oggetti con invenzione e competenza, poteva controllare il fuoco e queste ed altre capacità manuali portarono ad una crescita evidente del nostro cervello e della nostra capacità di ragionamento. Così l’uomo ha aggiunto la formazione di un linguaggio articolato, ha iniziato a godere della bellezza di arte e musica, ha imparato ad addomesticare gli animali e produrre in modo sistemico i frutti della terra attraverso l’agricoltura.

L’uomo d’altraparte, è divenuto anche una “scimmia assassina” – come riporta l’antropologo Raymond Dart – poiché a differenza delle scimmie abbiamo imparato a “catturare con la forza prede viventi, a percuoterle a morte e squartarne i corpi estinguendo la nostra fame”.

L’uomo ha sviluppato una grande capacità di adattamento ai cambiamenti e ha una grande propensione per colonizzare nuovi territori cooperando con altri uomini della propria specie generando a tratti relazioni di puro altruismo e a volte di conflitto.
Possiamo quindi affermare che come dimostrato in campo scientifico non esiste un vero e proprio “anello mancante” tra uomo e scimmia che si sarebbero evoluti procedendo dalla medesima radice.

Proprio per questo Jungle nasce: per permettere all’uomo di riconnettersi in un movimento di andata e ritorno con quella parte naturale che è il lui, riconoscendo il buono dell’evoluzione e allo stesso tempo recuperando quanto di primitivo è inscritto nel proprio DNA.

Jungle vuole essere uno spazio libero dove tornare ad essere sé stessi, incuriositi da Tarzan, il super eroe rimasto uomo, che ha saputo immergersi nella natura selvaggia. La giungla lo ha allevato e gli ha insegnato ad essere forte e leale, coraggioso e puro e gli ha permesso di spogliarsi dei propri schemi non interpretando una parte ma scoprendo come restare umano.

JUNGLE: PROGRESSIONE PRIMITIVA

Si può progredire tornando allo stato primitivo?

Jungle vuole permettere all’uomo di riacquisire quella libertà che gli apparteneva e che conserva nelle profondità della propria struttura biologica. Un uomo che possa essere libero e curioso come era richiesto nella giungla ad un primate, che non ha bisogno di altro se non di procacciarsi il proprio cibo e vivere. Jungle non vuole essere una regressione, ma una progressione primitiva. L’uomo non deve cancellare la propria evoluzione e i risultati di quanto duramente ha ottenuto: può progredire, ma deve imparare a farlo senza perdere le proprie radici. L’uomo contemporaneo ha bisogno di tornare a guardare il mondo dall’alto, perché osservare la società distaccandosi da terra, gli può permette di comprendere come vivere meglio. Restare appesi è un ritorno a quelli che in tanti hanno chiamato “movimenti primordiali”, quei movimenti che riportano l’uomo alla natura e al mondo animale dal quale deriva.


Nella primordiale evoluzione dalle quattro zampe alla posizione eretta, il nostro corpo non era strutturato per passare otto ore al giorno seduto su una scrivania, e nemmeno per rimanere seduto su un divano a sfogliare con un dito della mano pagine di giornale su un tablet o un cellulare.

Ci potrà allora interessare un’analisi effettuata da Oliver Berton, professore associato di Neuroscienze della University of Pennsylvania, dove sono stati presi in esame studi recenti condotti su primati che non mostravano più interesse per il loro ambiente e i loro compagni. Lo studio parte dal presupposto che la depressione viene diagnosticata negli esseri umani sulla base di una serie di sintomi quali: senso di colpa, pensiero della morte e la perdita di piacere. Se uno dei sintomi principali della depressione è l’anedonia, la diminuzione o la mancanza di interesse verso le attività piacevoli si è valutato che tale problema si sviluppa in animali in cattività, cresciuti in condizioni meno stimolanti rispetto all’habitat naturale e in situazioni troppo schematiche.

Un’ulteriore ricerca condotta da alcuni medici del Regno Unito dell’università di Aberdeen ha studiato le origini antichissime del mal di schiena. Si è evidenziato che in molte persone la colonna vertebrale non si è sviluppata in modo completo, ed è rimasta molo simile a quella di uno scimpanzé. Mark Collard, uno dei ricercatori, afferma che la colonna si sia modifica nel tempo, ma abbia dovuto fare i conti con la necessità di un corpo poggiato solo su due arti e costantemente a contatto con il suolo. Le persone alle quali la colonna vertebrale non ha avuto un’evoluzione “sono meno in grado di sopportare la pressione di camminare su due piedi” e soffrono quindi di mal di schiena.

Jungle è voluto quindi partire dal presupposto che se la scimmia è così simile all’uomo e soffre delle medesime malattie, ha però una grande capacità di resistenza al mal di schiena e alla depressione, tra i principali mali dell’uomo di oggi.

Se quindi il progresso non è arrestabile, l’uomo ha bisogno di progredire anche ritornando ad essere autenticamente uomo. Il nostro corpo, che nella storia non è mai stato così curato e circondato da tante attenzioni, ha bisogno tuttavia di riattivare funzionalità che lo renderebbero più sano.
Jungle è quindi un luogo dove allenarsi al di fuori degli schemi tipici del fitness contemporaneo. Un luogo dove si può tornare a faticare in modo naturale ristabilendo il giusto legame con quella componente naturale che è in noi.
Jungle è uno spazio dove salire e trovare la propria strada per giungere all’obiettivo. Niente limiti, solo istinto, forza, dinamismo, determinazione e consapevolezza in movimenti semplici e spesso sottovalutati che possono aiutarci a riattivare potenzialità che abbiamo smarrito.

Movimenti per scaricare le tensioni a livello lombo-sacrale e rendere più plastico tutto il nostro apparato scheletrico e muscolare. Movimenti liberi per ritrovare interesse verso le attività piacevoli e combattere la depressione data da schemi e strutture.

Jungle è farsi strada progredendo in una vita dove a volte è necessario fare dei pazzi indietro affinché il proprio sia un vero progresso.

HANGING: VIVERE APPESI

La teoria della Resilienza di Boris Cyrulnik parte dal presupposto che “ogni persona brilla con luce propria fra tutte le altre: non ci sono due fuochi uguali, ci sono fuochi grandi, fuochi piccoli e fuochi di ogni colore. Ci sono persone di un fuoco sereno, che non sente neanche il vento, e persone di un fuoco pazzesco, che riempie l’aria di scintille. Alcuni fuochi, fuochi sciocchi, né illuminano né bruciano, ma altri si infiammano con tanta forza che non si può guardarli senza esserne colpiti, e chi si avvicina si accende”.

Il termine di resilienza è tratto del vocabolario fisico e rappresenta la capacità di un materiale di resistere ad urti improvvisi senza spezzarsi. Possiamo tradurlo nelle scienze umane come la capacità umana di affrontare le avversità della vita, superarle e uscirne rafforzato o, addirittura, trasformato. Da questo punto di vista la parola viene associata sempre con tensione, stress, ansietà, situazioni traumatiche che ci colpiscono durante la vita. Questa possibilità ha una base innegabile, e cioè l’evidenza che gli elementi costitutivi della resilienza sono presenti in ogni essere umano e la loro evoluzione accompagnerà le diverse fasi dello sviluppo o del ciclo vitale dell’uomo: sarà un comportamento intuitivo durante la infanzia, poi si rinforzerà fino ad essere volitivo nella adolescenza, e dopo ancora sarà completamente incorporato alla condotta propria dell’età adulta.

La resilienza è la possibilità di reagire positivamente a scapito delle difficoltà e la voglia di costruire utilizzando la forza interiore propria degli esseri umani. Non è solo sopravvivere a tutti i costi, ma è avere la capacità di usare l’esperienza nata da situazioni difficili per costruire il futuro.

Le caratteristiche della resilienza sono sette:

  • INSIGHT o introspezione: la capacità di esaminare se stesso, farsi le domande difficili e rispondersi con sincerità
  • INDIPENDENZA: la capacità di mantenersi a una certa distanza, fisica e emozionale, dei problemi, ma senza isolarsi
  • INTERAZIONE: la capacità per stabilire rapporti intimi e soddisfacenti con altre persone.
  • INIZIATIVA: la capacità di affrontare i problemi, capirli e riuscire a controllarli.
  • CREATIVITA’: la capacità per creare ordine, bellezza e obiettivi partendo dal caos e dal disordine.
  • ALLEGRIA: disposizione dello spirito all’allegria, che ci permette di allontanarci dal punto focale della tensione, relativizzare e positivizzare gli avvenimenti che ci colpiscono.
  • MORALE: si riferisce a tutti i valori accettati da una società in un’epoca determinata e che ogni persona interiorizza nel corso della sua vita.

La resilienza è un fattore che può essere accresciuto dall’esperienza. La resilienza non attinge la sua forza soltanto dalle condizioni naturali degli individui, ma abbisogna pure di un aiuto esterno e di un ambiente che faciliti e appoggi uno sviluppo personale positivo e ricco in esperienze che conducono verso un apprendimento vitale.

ENJOY

dal WORKOUT al PLAYOUT

Nel 1780 un uomo chiamato Johann Ludwig Hellwig era educatore degli ufficiali presso l’accademia militare della Prussia settentrionale, e non riusciva a dormire da diverse notti perché era tormentato dallo scarso coinvolgimento dei giovani studenti nelle discipline militari. Infatti, nonostante la sua passione, vedeva i suoi ragazzi sbadigliare sui tavoli dell’accademia, per correre poi al termine delle lezioni nelle taverne a bere birra e giocare a scacchi.
Così un mattino, pose sul tavolo quattro tabelloni del gioco degli scacchi, li unì, e iniziò a sviluppare il regolamento di un nuovo gioco. Un gioco da tavolo che avrebbe simulato una situazione di guerra, con tanto di differenti tipologie di terreni e con miniature che rappresentavano le tre branche dell’esercito dell’epoca (artiglierie, fanteria, cavalleria). Lo chiamò “Kriegsspiel”. In breve tempo il gioco si diffuse tra gli ufficiali prussiani e divenne un pilastro dell’addestramento dell’esercito, continuando ad essere usato per oltre un secolo, finché arrivò il 1870 e la guerra Franco-Prussiana. Infatti la guerra segnò una vittoria così schiacciante da parte dell’esercito prussiano, che tutte le potenze europee iniziarono ad interessarsi al Kriegsspiel per l’addestramento delle proprie truppe. Johann Ludwig Hellwig ebbe l’idea, tanto semplice quanto rivoluzionaria, di utilizzare il gioco per insegnare delle nozioni a degli adulti. Imparare mentre ci si diverte.

Il Jungle ti permette di addestrarti per vincere la tua battaglia. Ma come funziona l’apprendimento attraverso il gioco?

Il principio di base è che le informazioni e le sensazioni vissute in prima persona attraverso le esperienze di gioco rimangono fortemente impresse nella nostra memoria, mentre gli aspetti ludici aumentano il coinvolgimento permettendo di abbassare le nostre difese e quindi favoriscono la spontaneità delle azioni. Inoltre, il fatto di agire in un’ambiente protetto aumenta la nostra predisposizione alla sperimentazione e alla novità.

La possibilità che offre Jungle di ripetere un esercizio innumerevoli volte, porta alla totale padronanza della nuova dinamica esplorata, aumentando non solo la padronanza dello strumento, ma dandoci maggiore sicurezza nell’affrontare situazioni nuove e inaspettate nella vita reale.

“Il lavoro consiste in qualsiasi cosa il corpo sia obbligato a fare… Giocare consiste in qualsiasi cosa che il corpo non sia obbligato a fare, ma che ama fare.” (Mark Twain)

YOUR

Jungle promuove una rinascita per l’uomo di oggi stanco di vivere in un’epoca dove l’analisi del reale
è spesso critica. Più volte nella storia del pensiero si è voluto sostenere un ritorno al classico, un ricollocamento dell’uomo in una dimensione più umana.
Jungle è la filosofia degli esseri umani che lottano per restare umani. Uomini che vivono della concretezza del proprio lavoro e si impegnano per l’edificazione della propria società. Rifacendosi a Pico della Mirandola, quella di Jungle, è la visione di un uomo che riscopre le proprie potenzialità camaleontiche. Un uomo che, nella sua costitutiva indeterminatezza, non è come nessun altro animale poiché di tutte le caratteristiche egli non ne ha nessuna in particolare ma possiede quella che gli consente tutto e cioè l’esercizio della libertà. Il suo ritorno alla natura, al suo stato selvaggio e animalesco gli permette di vivere in modo istintivo e spontaneo.

La persona e le sue relazioni al centro del sistema, non solo la sua mente, non solo i suoi muscoli, ma l’essere umano, l’individuo nel suo complesso. Questo è Jungle.

PRIMITIVE ATTITUDE

Siamo abituati a considerare il corpo con qualcosa di separato da noi: un organismo il cui “star bene” viene sempre più delegato a medici e specialisti di varia natura. Eppure il nostro benessere non deve di necessità passare attraverso la medicalizzazione.

Come afferma il ricercatore di neuroscienze Enzo Soresi “assumersi la responsabilità della propria salute significa in primo luogo adottare uno stile di vita che innalzi il livello di resistenza alle malattie.
Ascoltando con attenzione il nostro corso, riavvicinandosi alle sue esigenze e non trascurandone i segnali.”
Come dimostrano le ultime scoperte della Psico-neuro-endocrino-immonologia, il nostro organismo è infatti un’unità, un insieme indiviso di mente e corpo la cui crescita armonica dipende dalla comprensione del legame tra mente e corpo. E il cervello è il luogo in cui tutti questi fattori si incontrano: le nostre convinzioni in quest’ottica giocano un ruolo fondamentale e si ripercuotono nelle nostre capacità di lavorare sul nostro corpo.
Le ultime ricerche scientifiche ci confermano che attraverso la nostra attività fisica noi contribuiamo a plasmare il nostro cervello, a creare connessioni sinaptiche, ad aprire nuovi orizzonti di possibilità per il nostro sviluppo.


BE FREE

FRAGILITY IT’S NOT A LIMIT

FIND YOUR BALANCE